lunedì 30 ottobre 2023

Scrittura espressiva

Mi viene da scrivere prima il titolo, l’incipit, anche se poi non so se sarà coerente con quanto seguirà e verrà da sè: "macchine fotografiche, obbiettivi, smartphone e co……"

Una volta la vita era più lenta.

Mi hanno insegnato a scrivere e a non tornare indietro per correggere, altrimenti si perde di autenticità.

Almeno la prima bozza, almeno quella, andrebbe scritta solo con la forza della prima ispirazione.

Inspiro, espiro, inspiro e poi ancora espiro.

La fonte dell’ispirazione è autentica, sta dentro, in fondo.

Si impasta col dolore, con l’essere più profondo, con l’oscurità, con il caos ed il silenzio.

Una volta c’erano meno stimoli. 

C’era la vecchia e cara pellicola…. ah quanta malinconia.

Le diapositive, lo schermo con la tela retraibile e le serate con gli amici a guardare le foto delle vacanze appena passate. 

Eppoi c’erano le cartoline, che mi si stringe il cuore di nostalgia. Le inviavo sempre alla nonna.

Per il viaggio di nozze ce ne andammo in Messico. 

Ricordo che mi arrampicavo su per le piramidi di Teotihuacan con chili e chili di macchine fotografiche attorno al collo. E scattavo foto alla mia bella moglie appena sposata, ai cumuli di pietra, alla vita che sorrideva, che sembrava che si aprisse il cielo e che ti spaccasse il cuore. Di pienezza, di felicità, di vita. Il mondo era nelle nostre mani, la vita stava nelle nostre mani. Il futuro era nostro.

Oggi guardo il cielo plumbeo e la pioggia che cade, in questa fine di novembre che fino a quasi ieri si era andati al mare.

Non ci sono più le stagioni di una volta ….ah ah ah, che a dire così sembra frase fatta, di un vecchietto che non sa cosa dire.

La fotografia deve donare sentimento. Deve partire dal cuore, dalla mente per arrivare alla mente, al cuore.

La fotografia è comunicazione. Non si può non comunicare, primo assioma della comunicazione, c’è comunicazione digitale e comunicazione analogica, quarto assioma della comunicazione. 

Comunicazione analogica significa che c’è una comunicazione spaziale visiva, per immagini. Il pensiero primario, per intenderci il nostro pensiero quando eravamo neonati e nei primi anni, probabilmente mesi di vita, è un pensiero per immagini. Nel sogno opera il pensiero primario, e infatti i sogni sono immagini.

Le immagini evocano. E infatti se notate, anche una scrittura per immagini, che parla di immagini, evoca.

Sono seduto alla scrivania, ho una grande finestra al mio lato sinistro, c’è un albero ancora verde, appena fuori, una quercia che oggi non è mossa dal vento, ma dal ticchettio intermittente della pioggia.

Cos’è la libertà?

Che domanda impegnativa vero?

Probabilmente non c’è risposta. 

Forse anche questo mio scrivere, apparentemente senza un senso è libertà. 

Nei matti si parla di insalata di parole, e gli psichiatri, quelli insensibili o incapaci, che conoscono solo i nomi dei farmaci, non ci capiscono un accidente. Ma anche l’insalata di parole parla. Parla del dolore di quella persona. 

E qualcuno ora magari mi starà prendendo per matto, non capendoci un bel niente. 

Qualcun altro invece sentirà che scrivo semplicemente in modo autentico, comunicandomi in queste poche righe. E così si sentirà meno solo, in questo grande deserto che a volte sembra la vita.

Siamo isole di un arcipelago che si vedono e sembrano non toccarsi. Eppure ci sono le  onde e il mare tra noi che ci collega.

Respira, tu sei sul fondo del mare. Respira, tocca l’abisso con la punta dei piedi. Respira e non avere paura. 

Hai fede, hai fiducia, hai amore. Siamo io e te. 

Guarda le increspature bianche delle onde li su. Forse c’è qualche barca a vela in superficie condotta da una coppia che si ama e che spensierata vola nella vita. 

Chissà. 

La vita è un miracolo. Vivila.

Immagini, cartoline che fanno bene al cuore, che danno calore.

Oggi abbiamo gli smartphone, che fanno di tutto. Riescono persino a telefonare.

E scattiamo, scattiamo, scattiamo. Milioni di foto e di pixel che poi non si sa che fine fanno, perché il troppo stroppia. 

Non c’è più la ricerca del momento giusto, perché non c’è più il costo della pellicola e puoi scattare 100 foto per poi tenerne una, che meglio incarna la tua aspettativa.

E intento il tempo passa e tu ti perdi l’attimo, perché non eri concentrato sull’ultimo raggio di sole del tramonto che calava all’orizzonte, ma piuttosto sui pochi pollici dello schermo del tuo smartphone, tutto eccitato a scattare per acciuffare quel tramonto.

Ti sei chiesto, se in fondo il tramonto l’hai assaporato? Quello che hai provato non è invece stata la soddisfazione di, forse riuscire a trattenerlo per poi mostrarlo in giro, sui social, agli amici o a chicchessia?

Viviamo l’attimo, piuttosto che un suo surrogato, perché l’attimo passa e nulla lascia di sé, se non ciò che ci rimane dentro.

Invece viviamo l’era dei digits, delle cifre, della performance, del tutto e subito. E forse inizio a sentirmi vecchio e stanco di correre, correre, fare, fare. 

Voglio essere, si questo si, essere. 

Amavo le mie macchine fotografiche, gli odori della camera oscura, l’immagine che piano piano emergeva nella bacinella degli acidi. C’era suspence, come quando attendevi di andare dal fotografo a ritirare i rullini sviluppati dopo le vacanze. Quelle attese sono ormai svanite, scomparse e con esse la capacità del differimento della gratificazione. 

Tutto e subito e se così non è mi arrabbio, vado in escandescenza, come fa un bambino.

Guardo di nuovo fuori dalla finestra, l’albero verde, la pioggia, le nubi grigie di questo lunedì.

Ho scritto forse cose poco interessanti, ma erano quelle che sentivo dentro amico che mi stai leggendo, e che da sole hanno colorato questa pagina bianca.

Ed ora la vita chiama, perché il sole sorge che tu lo voglia o no, come mi ricorda ogni mattina una persona stupenda che porto sempre nel cuore, la quale ora non c'è più e mi manca.

E’ vero caro amico mio, il sole sorge che tu lo voglia o no, anche se oggi se ne sta nascosto dietro alle nubi e forse non farà capolino.

Buona giornata.

mercoledì 23 febbraio 2022

Orizzonti

Me se starò da solo in riva al mare ad osservare le onde farsi marea
O forse in cima ad un alta montagna a guardare i venti disperdere i cumuli di neve
Lascerò la vista perdersi verso l'orizzonte indefinito dove si trova la speranza e anche la vita. Perche è li che mi trovo anch'io.

Il silenzio

Il silenzio, questo silenzio, quanto silenzio
Un giorno mi dicesti di non capire la poesia
Le onde del mare si fanno marea
L'orizzonte si fa settembre e torna il profumo lontano di mamma
Lontano, lontano, lontano
Il tempo stritola l'affetto per farne blocchi di marmo solido e freddo nelle cui venature non passa ne sangue ne vita
La vita è affetto
È calore
E' amore.
Ognuno ha la sua strada
Ognuno sta nel suo percorso
Ci si incontra
Si ride, si piange, si gioisce, si patisce
Insieme
Il piumone caldo mi accompagna nel mio viaggio onirico, che si perde nei meandri antichi di un passato che è passato
Respiro
Basta un passo fuori e tutto si dissolve in un caos calmo ed ordinato a cui è difficile dare un nome
Ma non ancora, me ne starò invece un po' qui e penserò di me
E mi ricorderò di noi

domenica 26 dicembre 2021

Amore e attaccamento

Se non si è stati amati non si imparerà l'amore.


I bambini non sanno amare ma hanno ovviamente bisogno d'amore. Essi invece sviluppano naturalmente un legame di attaccamento, che è fisiologico e funzionale al loro sviluppo.

Sarà compito dei genitori o di altre figure significative soddisfare questo legame in un modo consono a che si evolva verso una più matura modalità relazionale.

Se così non fosse, il legame di attaccamento, un legame dipendente secondo modalità proprie dei bisogni infantili, si protrarrà anche in età adulta, verso il partner e anche verso altre figure adulte, gli amici, i colleghi, le figure autorevoli ecc.

Sia chiaro, anche l'adulto più maturo ed evoluto vivrà sempre legami di dipendenza, ma sarà una dipendenza adulta. Cioè una dipendenza in cui l'oggetto del desiderio è il partner e la persona accetta la dipendenza intersoggettiva e oggettiva intrinseca al suo Io ed è capace di collaborare con efficacia con gli altri e di relazionarsi con loro sul piano della parità.

Se manca la capacità di amore in età adulta, il vissuto profondo della persona, anche se spesso inconsapevole, sarà di frustrazione. I sentimenti predominanti, oltre che la rabbia, saranno i sentimenti arcaici dell'invidia e della gelosia.

Perché, se io non ho non possono e non devono avere nemmeno gli altri.

giovedì 7 gennaio 2021

Lumini rossi

Cara mamma,


ormai sei morta e sono passati gli anni. Oggi è il 2 novembre, il giorno dei defunti e un sussurro inspiegabile dell'anima mi ha spinto qui, a girovagare in questo cimitero.

La tua tomba è spoglia. Piena di erbacce. Non la cura nessuno.

Altro che luogo della memoria!


Quando eri in vita, da te avrei voluto abbracci sinceri e ascolto. Ma purtroppo un tuo abbraccio caldo invece non è mai arrivato.

Chissà, mi sono detto che forse ero io a non meritarlo o a non volerlo per paura di non esserne degno.


Quelle poche volte che ti avvicinavi, seppure erano tue le braccia avvolgenti e lunghe e tuoi erano i seni che premevano il mio petto, sentivo che era tuo anche il bisogno dell’abbraccio.

Tu non hai mai donato mamma, ma piuttosto hai preteso di ricevere. Sempre.

Volevi quell’amore che tu non avevi. E lo chiedevi a me.


Cara mamma, mi dispiace, ma non avverto alcun sentimento caldo e filiale, mentre le folate di bora gelida scompigliano i miei capelli arrossandomi viso, gote e orecchie.


Sin dalla più tenera età, mi inventai adulto e tanto tanto buono. Pensavo che così, forse, mi avresti amato. Certo....

 

Nonna, invece da bambino, la sera, spesso mi teneva sulle ginocchia e mi cullava prima del sonno, raccontandomi tante fiabe con la sua tenera dolcezza. Lei si, mi dava affetto. E tu mamma, eri gelosa anche di quello.


Ogni tanto, nonnina cara ti sogno.

Vieni a trovarmi nella penombra dell’alba e mi sussurri all’orecchio ninne nanne dolci.

"Stella, stellina

la notte s'avvicina

la fiamma traballa

la mucca è nella stalla

la mucca col vitello

la pecora e l'agnello

la chioccia coi pulcini

ognuno ha i suoi bambini ..."


Così, poi la mattina, mi sveglio con delle lacrime calde che mi rigano le guance.


Ho sognato spesso anche te mamma. Un sogno ricorrente che mi ha accompagnato per anni.

Avevi le forme di un demone con le corna e con una bocca enorme che mi voleva divorare.

 

Ma l’ultima volta è successso qualcosa di diverso tra queste contorte pieghe oniriche. L’ultima volta sono stato io il più forte.

 

Si mamma, perchè ti ho ucciso. Come San Giorgio e il drago.

 

La paura di te in quel momento è svanita e finalmente nel sogno sono nato. Per la prima volta mi sono sentito vivo, in un Io autogenerato.

La tua rabbia non mi atterriva più come tutte quelle volte in cui da bambino mi facevi sentire inetto e non amato. Annichilito e terrorizzato dalla testa ai piedi per ogni mio minimo errore.

Certo, della mia infanzia ho a volte un flebile ricordo dei tuoi abbracci. Però ho sempre sentito repulsione per quel tuo corpo che si stringeva al mio.


Penso a tutto questo mentre girovago in questo cimitero vuoto e spoglio.

Il cimitero è un posto sereno per alcuni, per altri un po’ meno.

Io non lo so.

Oggi sono qui, spinto da uno di quei bisbigli rari, che a volte si affacciano nelle traiettorie di una vita e portano a fare cose strane e bizzarre, perchè io su questa tua tomba arida non ci vengo mai.

Ora però devo andare.

Addio mamma, non credo che tornerò mai più.



 

lunedì 23 novembre 2020

Coronavirus e comunicazione


Sto pensando al coronavirus che da quasi 1 anno ha polarizzato l'attenzione di tutto il mondo, quasi non esistesse altro argomento.

Eppure la morte per malattia c'è sempre stata, e con numeri superiori al COVID.
Solo di tumore in Italia muoiono 180.000 persone all'anno, cioè circa 500 persone al giorno.
Nel 2019 sono morte in Italia, in totale, 650.000 persone, cioè circa 1800 persone al giorno.
La moltitudine ad ogni modo non percepisce questi dati. Essi infatti non vengono forniti quotidianamente dai media in prima pagina o in prima scena con sottofondo musicale da Profondo Rosso.
Eppur si muore!

La comunicazione attuale sul COVID è terroristica e discordante. Gli esperti si rivelano non esperti e spesso entrano in contraddizione l'uno con l'altro.

Chi tenta di dar voce a un pensiero critico, che metta in discussione la narrazione comune, viene etichettato immediatamente come negazionista, e questo anche se ha un curriculum di rispetto che gli permette di osare.
Non è infatti lecito mettere in discussione il pensiero dominante. Si deve ubbidire indiscriminatamente, anche quando la ragione o la scienza parrebbero dire altro.

La più grande paura dell'essere umano è essere escuso dal proprio clan.
La paura dell'esilio e dell'emarginazione sociale premono per la standardizzazione delle menti, e a queste forze ataviche si adeguano più o meno tutti, ad eccezione di una piccola resistenza, vessata e sbeffeggiata.

Dal mio punto di vista è la comunicazione sul COVID la vera pandemia. Essa è la responsabile del disastro socio economico e sanitario, prima ancora del virus.

Mi chiedo se questa comunicazione terroristica e martellante sia voluta, da una qualche cabina di regia per creare paura nel popolo, in modo tale da poter controllare meglio le masse e saggiare la loro obbedienza, oppure se sia semplicemente il risultato di un'emotivita' non controllata.
 
Chissà.

La depressione

 

La depressione, come sappiamo, coinvolge la sfera di un narcisismo primario ferito. 
 
La depressione si differenzia dal lutto perché, mentre nel lutto la causa, la perdita, è attuale, nella depressione la perdita è riattualizzata inconsciamente. 
 
Per i motivi della vita, una ferita arcaica di perdita si riattualizza e confligge con la struttura mentale compensativa, che si era creata nel tempo, denegando l'esperienza di perdita originaria. 
 
La perdita originaria spesso non è un evento puntiforme nella traiettoria evolutiva della persona, ma piuttosto un'esperienza relazionale continuata di mancanza.
 
Nella depressione manca un contesto attuale che giustifichi il vissuto mortifero. Per questo la depressione è un buco nero di solitudine, che chi sta intorno, parenti, amici, conoscenti, non può capire. 
 
E' per la mancanza di un evento-oggetto concreto di perdita, che il depresso si sente in colpa nel non riuscire a condurre la vita pre-evento morboso. Non se lo sa spiegare. La volontà, spesso invocata malauguratamente dalle persone che stanno intorno al depresso, se non addirittura da personale sanitario, non c'entra. 
 
Direste a una madre che sta vivendo il lutto per la morte prematura di un figlio "Coraggio, fatti coraggio, mettici un po' di forza di volontà e vedrai che ne uscirai!" Non credo proprio. Credo invece che provereste empatia per il suo dolore.
 
E' facile infatti empatizzare con una sofferenza che ha una causa visibile, mentre è quasi impossibile empatizzare con una sofferenza che è apparentemente inspiegabile.
 
Le cause stanno nel profondo. 
 
Al depresso manca un appiglio visibile, che giustifichi il suo vissuto mortifero, le sue crisi di pianto slegate (apparentemente) da un oggetto, i suoi pensieri spesso autolesionisti ecc. Egli vive in uno spazio senza tempo dove pare non esserci né un prima, né, ancor di più, un dopo.
Nemmeno lui o lei avverte la ferita primaria, la quale pure c'è stata, che sta alla base della sua depressione. 
 
Se la depressione, che è stasi, non riesce a trasformarsi in lutto, quindi in un dolore trasformativo, non può sciogliersi e guarire.